Gli ultimi saranno i primi
Recensione di Carmen De Mola
ll motivo che fa apprezzare il libro di Martino Sgobba "Gli ultimi saranno i primi. I Problemi della Scuola spiegati con i misteri della fede" è la capacità tutta oraziana del "castigat ridendo mores", di una narrazione che è poco indulgente nei confronti di tutto il personale scolastico: dai " legali rappresentanti" istituzionali, i dirigenti, ai docenti, raffigurati a volte, come "adultescenti" in competizione con gli stessi studenti per ignoranza, opportunismo, superficialità e abulia. Perciò la Scuola, nelle pagine dell'autore, diviene il microcosmo in cui è possibile trovare il riflesso di tutti quegli atteggiamenti che rendono gli italiani decisamente pittoreschi e amorali, nello sforzo di inseguire il proprio "particulare" contro gli interessi di tutta la collettività. Ed è lo stesso titolo del libro a darci una chiave interpretativa di quanto accade non solo nella Scuola, ma in Italia in generale, partendo proprio dalla riflessione sulla sproporzione retributiva evangelica fra ciò che viene elargito come compenso per una prestazione e quello che sarebbe giusto corrispondere ( o addirittura negare) in considerazione di una oggettiva valutazione della qualità e/o della durata della prestazione stessa. Un motivo, questo, presente nella parabola dei "Vignaioli dell'ultima ora" (Matteo, 20) e che potrebbe spiegare quanto è avvenuto nei secoli sul territorio nazionale per il prevalere della comoda, quanto deresponsabilizzante, mediazione della Chiesa Cattolica nei rapporti non solo fra l’umano e il divino, ma anche nella dialettica fra individuo e potere. Una Chiesa chiamata spesso a perorare non le "cause” dei veramente ultimi per estrazione sociale o condizione economica svantaggiata, ma dei più forti: di chi non avrebbe mai dovuto aver bisogno di aiuto se solo avesse messo a frutto risorse, status, intelligenza e determinazione personali. E allora perché stupirsi se la dimensione della "sacrestia" continua a sopravvivere, malgrado l’evidente Martino Sglaicismo della società italiana, come fatto di costume e ad essere reiterata, pena l’esclusione di chi conserva ancora un briciolo di dignità personale, tutte le volte in cui le dinamiche della spartizione di qualsiasi tipo di potere rendono conveniente l'accolitato nella presidenza di una scuola come nella sede di un sindacato o di un partito? Allora libri come questo devono essere accolti non solo come una divertente lettura in tempi di pandemica "tristitia ", ma come occasioni di riflessione sulla nostra dimensione etica in senso più ampio. Perché non solo alle persone che lavorano nella Scuola, ma a tutti va di tanto in tanto ricordato che è necessario percorrere la “strada stretta” della parziale rinuncia agli interessi personali (o di parte) se si vuole che l'interesse dello studente ad avere una scuola di qualità coincida con il diritto del cittadino ad avere una sanità efficiente, dei servizi adeguati e soprattutto una politica che, scevra da meschini tornaconti di bottega, sia espressione dei ben più elevati interessi generali.