Recensione di Giovanni Magistrale
La collina dei treni
Confesso: ho un pregiudizio positivo nei confronti di Martino Sgobba, anche perché ogni sua prova mi conferma in esso e nel pregiudizio negativo nei confronti della attuale politica editoriale e nel mercato del libro, che valorizzano autori insulsi e trascurano uno come lui.
Questo è il suo terzo romanzo e ha come protagonista Marta, una ragazza non più giovane, che vive nell'ombra di un'esistenza anonima e priva di vitalità, in una grigia periferia barese. Un prete, don Paolo, che l'aveva già aiutata a trovare qualche saltuario lavoretto a ore, e un chirurgo, Lorenzo, con cui intesse una breve relazione, s'interessano a lei e l'aiutano così a venir fuori dall'ombra. I due sono legati tra loro da antica amicizia e da consuetudine nell'assistenza degli sfortunati, nonostante la grande differenza di carattere e interessi. Altre due figure importanti sono proprio quelle di due sfortunati ragazzi, Sabino e Carlo, affetti da malformazioni o disabilità che finiscono in un caso in tragedia, nell'altro in una conflittuale accettazione.
Non è un romanzo di formazione, c'è certo un riemergere a vita significativa di una ragazza in ombra, ma non un percorso verso una risoluzione. Anche sul piano della coscienza dei protagonisti, non c'è un percorso unidirezionale, bensì un emergere dall'ombra e reimmergersi nell'ombra di varie consapevolezze, che illuminano questo o quel versante del loro animo, con molto non detto o appena accennato, che fa baluginare una fiammella sulle loro intime verità, ma senza una garanzia di autentica verità.
La riflessione esistenziale, resa pregnante dalla solida consapevolezza filosofica dell'autore, non è mai esibita direttamente ed esplicitamente, ma traspare attraverso i dialoghi ordinari di ordinary people, insomma attraverso la inconsapevole profondità dei semplici. Questo però non comporta alcuna corrività o concessione retorica all'innocenza degli ultimi, che, quando è il caso, sono mostrati nella loro condizione di abietta racaille.
Non manca quasi mai il prete nei racconti di Sgobba, e comunque il confronto con Dio, la controversia teologica, sempre stemperata da una sdrammatizzazione ironica, che però non ne seppellisce la serietà e profondità esistenziale.
Ma la forza della narrazione di Sgobba è soprattutto nello stile della scrittura, assolutamente originale e inconfondibile.
Qualche esempio.
"Lorenzo tagliò in due la città, velocemente, aiutato dai semafori che si limitavano a sbadigli gialli... L'auto si districò in stradine di case vecchie, con infissi di materiali giovani ma corrosi da uguale infelicità" (p. 22). "Don Paolo era un uomo esercitato a entrare con lampade fioche nelle stanze oscure delle persone, a togliere con prudenza la polvere accumulata sulle cassapanche, prima di sollevarne i coperchi, vincendo gradualmente la riluttanza dei cardini" (p. 24). Di frequente Sgobba anima le cose, gli oggetti, gli ambienti: "La domanda di Marta si sciolse fra le labbra, ma destò la casa che, incuriosita, trattenne il fiato e attese. L'intermittenza dell'albero si dilatò. Il lume che rischiarava il salotto sbiancò. I magi tirarono le redini dei cavalli e della stella cometa, i pastori smisero di sorvegliare il gregge" e, dopo una risposta elusiva, "la casa si riassopì, delusa; avrebbe voluto ascoltare un sì o un no, sebbene avesse imparato, come ogni caverna, dimora o reggia, che il cuore degli uomini non è semplice e batte un codice che non teme i grimaldelli dei massimi decrittatori di enigmi" (p. 178).
Straordinario il gioco dei destini, che Paolo e Lorenzo fanno talora come ironico passatempo. È una specie di Spoon River riveduto: epitaffi non per defunti, ma per viventi di loro conoscenza:"Seppur concepita con amplesso costretto nella religiosa misura del quanto basta e conseguentemente educata alla spirituale repressione del corpo, per benigno contrappasso, già in età ginnasiale, mostrò robusto e anarchico appetito carnale, costringendo i genitori a vane pratiche esorcistiche. Di bellezza è tuttora adorna, ma di sensualità declinante e puntellata da plastico soccorso. È da ritenere verosimile che, prima di generare umoristico sentimento, riuscirà a pensionarsi in un coniugio di bell'apparenza" (p.154).
Astenersi perditempo, solo buongustai della lingua.
